La ‘marenna’

Sa di antico. Viene da molto lontano. Sa di terra. Ricorda il mare. In un percorso di archeologia dei sapori una ricetta così racconta al palato un po’ di vecchio mondo contadino e ne ricostruisce il paesaggio.

Siamo in Puglia, nel Salento. Nel Basso Salento. Nel mondo contadino in cui ci ha condotti il cinema di Edoardo Winspeare. Nella lingua del luogo marenna vuol dire  ‘merenda’. Quando la pronuncio però, questa parola: mi viene in mente il mare. E questa immagine del mare, come la percepisco io, in questo caso mi sembra del tutto pertinente.  Se partiamo dagli ingredienti, così ricostruiamo infatti il paesaggio di questa ricetta (che trascrivo così come la raccolgo da fonte orale. A Patù. Capo di Leuca. Estate del 2010)

C’era una volta dunque una colazione del contadino che si gustava nelle campagne del Salento. Era una pietanza invernale. ma gran parte degli ingredienti che servivano per prepararla venivano dal sole dell’estate. E tutto era già nella dispensa di casa. Una buona frisa di grano duro o di orzo, pomodorini gialli di pendola, zucchine secche, pomodori secchi dal gusto un po’ dolce, peperoncini secchi piccanti, extravergine di oliva e, unico ingrediente fresco di stagione, uno strano cipollotto lungo e magro, profumatissimo, che nel Salento e in Puglia chiamano “spunzale” o ‘sponzale’.

frise 4

Occorrono dunque:

– una frisa salentina (cosa moltp particolare e soprattutto diversa dalla frisella genericamente detta ‘pugliese’). Posso sceglierla di grano duro o di orzo, ma questa è un’altra storia.

(antico pane dei naviganti, la frisa viene dal mare, di cui sembra conservare la rugosità degli scogli)

– pomodori d’inverno: sono quelli al filo, gialli e dalla pelle ‘dura’, quelli che  i contadini raccolgono d’estate e poi le donne sistemano così per conservarli appesi ad un filo di spago, in questa forma che loro chiamano ‘pendula’ e i colori e i profumi dell’estate adornavano i cortili e le cucine quando si era in inverno. Anche per i pomodori d’inverno ce n’è di vari tipi e anche questa è un’altra storia.

– ortaggi seccati al sole e conservati anch’essi per l’inverno: sono zucchine, melanzane,pomodori, peperoncini piccanti; e devi sapere che per farli così (buoni come tra poco sentiremo) non è bastato il sole. C’è voluto il mare: dove sono stati tuffati, chiusi in sacchetti di cotone, dopo la prima essiccatura al sole. E poi di al sole, ad asciugarsi. Ed è qui la meraviglia: in questo retrogusto di brezze e salsedini, arricchito da un profumo come di origani (quei mazzetti di origano fresco che hanno fatto loro compagnia quando se ne stavano  stesi sotto quel sole caldo).

– ‘spunzali’ (nascono dalla rispuntatura di una cipolla ‘spuntata’ rimessa sotto terra: dal gusto morbido e dolce, in Puglia costruiscono il sapore particolare di molte ricette della tradizione. Ne gode anche la cucina gourmet)

– olio extravergine di oliva (rigorosamente salentino (blend Ogliarola salentina e Cellina di Nardò: perfetto!)

Ora dunque faremo così:

Scaldiamo l’olio in padella e vi facciamo scattarisciare (scoppiare) i pomodorini di pendola. A volte il dialetto esprime il sapore e il gesto che lo produce molto meglio della lingua ‘ufficiale’. E far scattarisciare il pomodorino invernale è un’arte. Non dobbiamo distrarci e a metà cottura ci aggiungiamo lo spunzale.

pomodori pendula

Intanto già da qualche ora avremo messo a mollo tutti gli ortaggi secchi ed ora, prima che lo spunzale si appassisca, li aggiungiamo alla minestra. Facciamo cuocere ancora per qualche minuto, poi ci condiamo una frisa a cui così daremo colori, sapore e calore.

E ora assaporiamo.  Sa di antico. Viene da molto lontano. Sa di terra. Ricorda il mare.

 

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